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Bellezza e rovina: l’arte come rifugio di Jimmy Richter

Oggi vi lascio l’intervista fatta a Jimmy Richter, artista

Puoi raccontarci la tua storia?
Sono nato a Udine nel 1991, e da tempo firmo le mie opere con il nome d’arte Jimmy Richter. Dopo il Liceo Scientifico Copernico ho fatto una temporanea inversione di rotta: mi sono iscritto all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove mi sono laureato con 110 e Lode, lavorando nell’atelier del compianto maestro Igor Lecic, il quale oltre che pittore, scultore, incisore e grafico pubblicitario, era anche, per chi lo conosceva bene, un appassionato della musica ed in particolare della batteria.
Fuori dalla pittura, la mia vita segue altri binari. Sono anche uno sviluppatore web, con una seconda laurea in informatica.
Nel campo dell’arte ho partecipato a molti altri campi oltre a quello della pittura: ho già accennato ad esempio alla mia passione per la scrittura.

Ho scritto molti racconti spaziando su diversi generi, dal gotico all’horror, ma toccando persino fantascienza e il comico, e ho persino scritto un intero romanzo surrealista, peraltro legato ad un periodo piuttosto interessante della mia vita. Invero inizialmente il romanzo era nato come un’opera a quattro mani, ed in seguito ho dovuto riscrivere le parti del mio collaboratore perché abbiamo avuto screzi personali: un peccato, perché lo ricordo ancora come uno scrittore formidabile, molto affine alla mia ricerca estetica nonché alle mie convinzioni filosofiche e morali, e mi dispiace che l’opera finita non porti più traccia di alcun suo contributo. In ogni caso non ho ancora mai cercato di pubblicare queste mie opere: i racconti erano pubblici, non ricordo più nemmeno dove, mentre il romanzo lo conservo privatamente come un geloso amante.
Ho frequentato anche l’ambiente fotografico: sia dietro l’obiettivo con un breve ma soddisfacente progetto surrealista, sia davanti allo stesso, come modello, anche se usare questo termine è un po’ inesatto, evocando passerelle, il mondo della moda, e compensi in denaro che non potevano essere più lontani da quello che facevo io, impegnato piuttosto in ambienti artistici perlopiù underground.
Il mio aspetto ai tempi particolarmente androgino e i capelli tinti di bianco (me li decoloravo con regolarità) mi hanno permesso di incarnare fisicamente, almeno in parte, quell’ossessione per l’albinismo che ritorna nei miei quadri, e molti fotografi l’hanno trovato di ispirazione per i loro progetti artistici: ai tempi avevo finito con l’avere una discreta fama in questo campo, perlomeno online, e so che alcune delle mie foto sono finite in qualche
mostra di vari dei miei fotografi.

Ma tutte le belle cose hanno una fine: non ho più i capelli decolorati, e con l’avanzare dell’età probabilmente ho perso parte del mio aspetto androgino, per cui, nonostante collabori ancora, raramente, con qualche fotografo, la mia presenza davanti all’obiettivo non è più quella di una volta.
Infine ho esplorato anche il mondo della musica, in particolare per molto tempo ho avuto un gruppo musicale dove avevo il ruolo del cantante. Il nostro genere mischiava le sonorità del punk dei primi anni col glam anni ’80, e si iscriveva nel revival di quest’ultimo avvenuto intorno al 2010, ma sinceramente, per quanto abbia meravigliosi ricordi di quell’esperienza, non posso certo dire che il nostro gruppo sia mai riuscito ad uscire dalla mera scena
regionale.

Paradossalmente la pittura è stata l’ultima delle correnti artistiche a cui mi sono dedicato, ed oltre all’estetico desiderio di poter addobbare la mia casa come il figlio illegittimo di una wunderkammer e un vittoriale, vi è certo stata anche certo la vanità nel volermi considerare un “artista completo” ad avermi portato all’Accademia.
A posteriori è divertente: non avrei pensato che la pittura rimanesse con me tanto a lungo, e finisse con l’essere la prima cosa a cui le persone mi associano.

Com’è nata la tua carriera?
Per quasi quindici anni ho dipinto solo per me stesso, fedele al proposito iniziale e motivo per cui ho davvero iniziato a dipingere: la volontà di “riempirmi casa di quadri”. Lo facevo con scarsa continuità. Non pensavo all’esposizione pubblica, né alla carriera artistica in senso stretto.
Poi, circa sei anni fa, ho avuto una bruttissima esperienza amorosa che mi ha portato a chiudermi in me stesso e cercare sollievo nella pittura, a cui sono tornato a dedicarmi con molta più costanza di prima.
Non che vomitassi sulla tela il mio dolore, anzi al contrario era per me occasione di distrazione: nell’atto di riempire le mie pareti con figure del mio immaginifico mi rifugiavo in un mondo a me familiare e accogliente, fuggendo così da una vita che in quel momento mi pareva tanto dolorosa. Certo ciò che dipingo a molti appare inquietante, ma erano per me invece un’occasione di ristoro: figure albine inquiete e fragili, vittime innocenti, o talvolta
animalesche e ferali, in tutto e per tutto ciò che per me è bello, il più delle volte senza un messaggio, ma ammantate di simbologie e misticismi a me cari. Un mondo per gli altri sconosciuto, spaventoso persino, e per questo personale e intimo per i pochi che sanno capirlo: il mio mondo, il mio giardino dell’Eden, il mio porto sicuro.
In quel periodo la mia tecnica è molto migliorata, e infine, circa tre, forse quattro anni fa, ho avuto un piccolo cambio di direzione artistica: se prima dipingevo tele relativamente piccole concentrandomi su animali albini, quali corvi intrappolati in rosari, tartarughe dal guscio incrostato di gioielli, misteriose falene evocatrici di presagi, bianchi pipistrelli, civette e quant’altro, sono poi passato nel concentrarmi molto più su figure antropomorfe, seppur
sempre albine: ho un’intera collezione, SATYROMANIA, incentrata sulle figure mitologiche dei satiri e delle ninfe, mentre un altro filone si concentra su angeli, caduti o meno, e figure sacre.

Al contempo le mie tele si sono aperte: ora i miei quadri sono molto più grandi di un tempo, permettendomi di fare scene più elaborate e dettagliate.
Agli inizi, dato il fatto che dipingevo semplicemente per abbellire il mio antro, ricordo di aver avuto alcuni screzi col mio professore di Atelier Igor Lecic, che scalpitava per farmi esporre alle mostre da lui organizzate, ricevendo ogni volta un rifiuto da parte mia: non era superbia, al contrario era parte disinteresse (perché rubare la scena a chi era davvero interessato a farsi conoscere?) e parte timidezza: ero parecchio introverso ai tempi.

Quando anni dopo ho finito con l’esaudire il mio desiderio di tappezzarmi le pareti di dipinti, ho capito che semplicemente non avevo più spazio per metterli, e se volevo continuare a dipingere dovevo cominciare a esporli in giro e magari venderne pure qualcuno.
Era anche un ottimo modo per sfidarmi a uscire di casa: tra il mio lavoro di programmatore e l’hobby da pittore, unito alla depressione per la crisi amorosa di cui ho accennato sopra, e alla mia naturale timidezza, negli ultimi sei anni avevo davvero vissuto come un eremita.
Ho cominciato a esporre nei locali, in particolare in una discoteca gotica. Conobbi per caso, letteralmente la prima volta che mi costrinsi a uscire di casa dopo mesi, l’organizzatrice di eventi EleNoir, la quale ha un debole per l’arte e spesso chiama artisti, illustratori e tatuatori alle serate che organizza. Vedendo i miei dipinti mi invitò immediatamente, e dopo qualche serata si sparse la voce e mi contattò Pia Molina.

Dire chi sia Pia è difficile, ma potremmo descriverla come una sorta di talent scout per artisti.
Potremmo anche dire che mi faccia un po’ da manager, seppur sia forse un’esagerazione visto che collaboro anche con altre figure, inoltre la sua associazione comprende una moltitudine di artisti oltre a me. Tuttavia devo sicuramente ringraziare lei se sono uscito dall’ambiente dei soli locali finendo anche ad eventi come il Bikerfest di Lignano o alla Mostra del Cinema di Venezia, seppur ovviamente non certo all’evento principale.
Continuo anche a muovermi per altre vie e non rinnego certo le mie origini da “guerrigliero dell’esposizione artistica”: uno degli eventi che quest’anno mi hanno riempito più di soddisfazione è stato infatti la Notte Nera padovana, e continuo anche ad esporre per locali, ma sicuramente si stanno aprendo occasioni diverse per me.

Da poco ho partecipato a una mostra in pieno centro a Udine, la mia città Natale, incentrata su giovani artisti emergenti: Zovins, organizzata dalla Fondazione Friuli, in compagnia di altri sette artisti favolosi, e già
abbiamo preso accordi per mostre future anche singole, mentre ieri ho esposto in occasione del Fosar Festival ad una mostra all’aperto che ha coinvolto decine di pittori e disegnatori di ogni tipo.
Ho incontrato molte persone interessanti, talvolta anche importanti figure dell’ambito artistico, che si sono dimostrate colpite dai miei lavori e sono diventati miei sostenitori. Ho addirittura uno che sta scrivendo un libro su di me! Quindi direi che i tentativi di uscire dal mio guscio stanno funzionando, anzi: sono talmente tanto in giro che la mia produzione artistica sta rallentando. Ho poco tempo per dipingere!

Sono molto contento di come siano andate le cose fino ad ora: tutto si è mosso molto velocemente e ho avuto molte più occasioni e conferme di quante mi aspettassi.
Solo da poco più di un anno ho quindi iniziato a mostrare le mie opere al pubblico, e l’attenzione è arrivata, per quanto riguarda la serie sugli animali albini con lavori come Too Late, un dipinto allegorico che ritrae un coniglio albino con un orologio senza lancette e tre rubini a forma di cuore: il richiamo superficiale al bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie nasconde in realtà un significato più profondo, dove i tre rubini rappresentano un
brutto triangolo amoroso in cui rimasi invischiato tempo fa, e l’orologio l’incapacità di trovare una soluzione in tempo, prima che quella che consideravo una bellissima storia d’amore terminasse in modo tanto tragico.

Della nuova produzione invece hanno fatto successo The Choice, dove un putto decaduto femminile tenta l’osservatore con una scelta tra la ragione e l’emozione, senza spingere una piuttosto che l’altra, là dove la vera tentazione è rappresentata dall’atto stesso della scelta, o The Annunciation of the Antichrist, ribaltamento dell’annunciazione dell’Arcangelo Gabriele alla Madonna, dove due diavoletti innalzano uno scettro con una stella, riferimento alla Stella del Mattino, nome con cui era conosciuto Lucifero, annunciando la venuta della biblica figura
dell’Anticristo. È il primo dipinto di un trittico tutto incentrato sulla figura dell’Anticristo, ma i prossimi due dipinti per ora sono solo nella mia testa.

Ho ricevuto critiche positive anche per Flesh of the Pack – Where the children howl, ispirato dalle innumerevoli leggende e mitologie su bambini cresciuti in mezzo ai lupi (qui in Italia è celebre l’esempio di Romolo e Remo), dove i bambini, sorpresi dall’osservatore nel crudo atto di divorare un’insanguinata carcassa, si stringono tra loro spaventati, poiché la loro feralità non è cattiveria, ma spirito animale, e questi lupi, seppur carnivori, sono cuccioli
indifesi e spaventati di fronte all’osservatore.

Anche Unholy Grace non manca mai nel colpire il mio pubblico: una rivisitazione profana della Madonna con bambino, qui è una demonia col suo figlioletto, e incinta di un secondo.
Ho cercato di dipingere la donna con uno sguardo tenero e dolce, sottolineando come persino all’inferno trovi posto l’amore di una madre, mentre è il neonato che, in maniera conturbante, rivolge a chi lo osserva uno sguardo carico di maligna malizia.
Infine, di SATYROMANIA, ci sono Le bagnanti, curiosamente di dimensioni contenute rispetto alla mia attuale produzione, ma che ogni volta viene molto apprezzato, e Spirits of the Woods, dove per una volta non ho rappresentato soggetti albini, e forse anche questo lo aiuta a spiccare fra le altre opere.

Com’è nata la passione per l’arte?
In realtà il mio ingresso nella pittura è stato mosso da un impulso molto concreto: desideravo riempirmi la casa di quadri, ma i dipinti, soprattutto quelli ad olio, i miei preferiti, costavano in maniera sproporzionata rispetto alle leggere tasche di uno studente. Così ho deciso di imparare a farli io stesso: non tanto dunque per un amore per l’atto stesso della pittura, quanto più per la fascinazione per il prodotto finito: nonostante avessi infatti disegnato fin da bambino, avevo passioni più brucianti all’epoca, come la scrittura. Ma la determinazione nel circondarmi di robe belle, alla maniera D’Annunziana e Wildiana, era abbastanza per convincermi a intraprendere questa strada, e da quel semplice ma ambizioso desiderio è nato un percorso che non si è più interrotto.
Si può dire dunque che la mia passione per l’arte derivi dal mio dipingere, e non il contrario, e che i temi che dipingo siano genericamente gli stessi che ricerco nelle opere dei grandi maestri che mi hanno preceduto.
Il mio immaginario artistico ha sempre pescato nelle religioni, nella mitologia e nell’erotismo.
Di ognuno di questi temi il mondo dell’arte è fortunatamente pieno di esempi.
C’è però un topos che ritorna, ossessivo, nelle mie tele: l’albinismo. Per me non è soltanto una condizione genetica, ma un simbolo stratificato, ambiguo, contraddittorio. L’albinismo, in natura, nasce spesso dall’incesto: non a caso un tempo era considerato una “malattia nobile”, tipica delle famiglie reali che, per mantenere intatta la propria stirpe, cadevano in pratiche di consanguineità. Eppure questa nobiltà è un paradosso: a contrasto con il
prestigio e la purezza presunti, l’incesto resta materia sporca, peccaminosa, innominabile.

Nel bianco dell’albinismo, dunque, si intrecciano purezza e degenerazione, privilegio e corruzione. Ma vi è anche comunque ancora un’aurea di ingiusta condanna, poiché nonostante queste sporche colpe siano scritte sui loro stessi corpi, gli albini sono le vittime innocenti di questi peccati, compiuti non da loro, bensì dagli avi.
Ma c’è un altro aspetto che mi affascina: il bianco come figlio del buio. In natura, condizioni simili all’albinismo si sviluppano in luoghi dove la luce è quasi del tutto assente: caverne dimenticate o abissi marini. Qui, dove non serve la melanina a difendere gli organismi dai raggi del sole, le creature si evolvono diventando completamente bianche e cieche. Ecco il paradosso: ciò che associamo istintivamente alla luce, alla rivelazione, nasce invece dalla
sua totale assenza. Il bianco non come allegoria della luce, ma come segno della sua privazione, come cicatrice del buio.

Per questo nei miei quadri il bianco non è mai solo innocente, né mai del tutto colpevole. È sempre duplice: purezza e depravazione, ammirazione e isolamento, nobiltà e fragilità, splendore e cecità. Un colore che racconta la bellezza e, nello stesso tempo, la sua rovina.

Questo dualismo è la chiave che apre gran parte della mia produzione: angeli caduti, satiri albini, santi inquieti, figure in cui la bellezza è incrinata, contaminata, come se dietro la superficie si celasse sempre una crepa.
Mi rifaccio molto a Michael Hussar, artista contemporaneo che come me è palesemente ossessionato da erotismo, simboli religiosi e albinismo, e nel particolare ne amo la tavolozza: credo di poter dire di aver rubato i suoi colori, ma spero anche di poter azzardare di averli nel frattempo fatti miei. Due dei primi tre dipinti in assoluto che ho fatto, quando avevo appena una ventina d’anni, sono tributi a suoi lavori. Certo la mia tecnica era ancora
acerba, ma dimostrano come lui mi abbia influenzato fin da subito, anche se ancora lo considero estremamente superiore. È un bene però: lo spazio per migliorarmi è ancora tanto, di artisti migliori di me, anche sconosciuti, ce ne sono tantissimi, e questo mi sprona a continuare la mia ricerca e perfezionarmi. Che noia sarebbe altrimenti.

L’altro mio pittore preferito è William-Adolphe Bouguereau, accademista francese di fine ‘800. Delle sue opere adoro come tratta in maniera delicata figure mitologiche come satiri e angeli: la celebrità dei putti è probabilmente tutta ascrivibile a lui, e quasi ognuno di noi in vita sua ha visto una riproduzione di Le Premier Baiser, magari appeso sulle mura della casa dei propri nonni, pur magari senza conoscerne né il titolo né il nome dell’autore, o si è
imbattuto in una foto de Les Oréades, anche solo su internet.
Di lui amo soprattutto queste incursioni nel mito, la leggerezza dei corpi, l’androginia tipica di molti dei suoi volti, l’accennato erotismo in alcuni dei suoi sguardi e nelle pose talvolta sensualmente ricurve, e indubbiamente la tecnica sublime, che in vita gli valse paradossalmente non poche critiche da parte di chi vedeva nella troppa bravura una mancanza di emozione.

Anche una visita al museo dell’Arte Erotica a Parigi quando ero ancora adolescente ha sicuramente contribuito a risvegliare in me il desiderio per l’Arte: mi piacque persino più del Louvre. Non solo scoprii una corrente artistica di cui solitamente i libri non parlano, ma ebbi modo di ammirare come questa vena fosse antica, e diffusa in tutte le culture. Da quell’esperienza inoltre è nato l’interesse per i satiri: ho visto certe statuette greche che
hanno molto solleticato la mia immaginazione.

Infine, pochi anni fa, una cena in un locale ferrarese, il Rifugio degli Artisti, ha ravvivato in me un interesse che in quel particolare momento storico andava affievolendosi. Non c’è modo di sottolineare abbastanza quanto quella cena abbia ravvivato in me quel fuoco: il locale era favoloso, e addobbato in termini estremamente vicini all’arte che producevo.
Mi ha aiutato molto a capire che i miei lavori potevano piacere anche al di fuori delle mura di casa mia, e che potevo arrischiarmi non solo a continuare ad alimentare questa mia passione, ma a condividerla col mondo esterno.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Non ho una scaletta di ciò che voglio ottenere, colgo le occasioni che capitano, e fortunatamente me ne capitano molte: spero che duri, perché se non venissero a cercarmi avrei un po’ di difficoltà a vendermi in giro, non ho davvero infatti ancora imparato come si fa ad esporsi ad un pubblico, o a cercarlo persino.
Sicuramente vorrei riuscire a portare i miei lavori fuori dall’Italia, ho parlato qualche mese fa con un ex professore dell’Accademia che diceva di volermi portare all’estero, a Dubai addirittura, ma è un po’ che non lo sento, quindi immagino che la cosa gli sia passata di mente.

Di certo un mio sogno sarebbe riuscire a piazzare un dipinto al Rifugio degli Artisti, il locale di cui parlavo prima, visto che è stato tanto importante per me. E chissà, mi piacerebbe moltissimo essere ospitato dal Museo dell’Arte Erotica di Parigi in futuro, ma per ora sono ovviamente solo sogni.
Passi più vicini, e che potrebbero comunque essere un buon inizio, coinvolgono sicuramente il farmi un sito web: sembra incredibile che io non ne abbia ancora uno, visto che il mio lavoro è letteralmente quello di farli per gli altri, ma la realtà è che fuori dall’orario lavorativo preferisco dipingere piuttosto che continuare a programmare. Non che programmare mi dispiaccia, ma la pittura è il più delle volte più divertente, almeno per me, e già trovo che il
tempo per dipingere sia poco.
Ecco, probabilmente questo potrebbe essere un ottimo obiettivo per il futuro: trovare più tempo per dipingere! Per fare un’opera ci metto più di un mese, per alcune ci ho messo persino cinque mesi, ho bisogno di ritagliarmi tutto lo spazio possibile se voglio avere una produzione annuale presentabile!

Qual è stata la tua più grande soddisfazione?
Sembra paradossale, ma probabilmente la mia più grande soddisfazione è stata l’ottenere i miei primi commenti negativi sui social.
Non parlo di critiche costruttive sullo stile di pittura e cose simili: quelle sono sempre ben gradite e spesso fonte di insegnamento, parlo bensì di opinioni fortemente contrarie rispetto ai temi che rappresento, talvolta persino veri e propri insulti.
Sono stato tacciato di blasfemia, volgarità, persino di satanismo e pornografia!
Non vado alla ricerca di simili lusinghiere descrizioni, come detto per molti anni ho dipinto solo per me, e i miei temi sono sempre stati quelli, perciò non vi è una diretta volontà di provocare. Ciò nonostante so benissimo come le mie opere siano lontane da ciò che è comunemente considerato “bello”, e in alcune esposizioni sono stato persino costretto a coprirle con dei teli per non urtare la sensibilità del pubblico più fragile, tuttavia quando ho
ricevuto i primi commenti di questo tipo sui social sono stato sommerso di entusiasmo: da
programmatore so che l’algoritmo ti mostra ciò che vuoi vedere, perciò fino a quel momento ricevevo solo i complimenti di quei venticinque lettori manzoniani che condividevano, chissà per quale scherzo del destino, le mie stesse strane fascinazioni.
Che le mie opere avessero raggiunto persone dal gusto talmente distante dal mio da scaturire reazioni così forti è stato meraviglioso, e la prova che finalmente, in un modo o nell’altro, il mio pubblico cominciava ad allargarsi.
Inoltre, nonostante i miei dipinti non nascano col diretto intento di provocare, non posso fare a meno di pensare all’aforisma di Oscar Wilde: “Nel bene o nel male, purché se ne parli”
.
Non ho mai risposto negativamente a tali commenti, ho anzi sempre spiegato le mie ispirazioni (ad esempio spesso i miei satiri vengono erroneamente confusi per demoni, viste le corna e le zampe caprine) e ho evidenziato come, in campo religioso, non mi limiti a dipingere solo la componente profana ma anche quella sacra, come angeli e santi. Il più delle volte le persone si scusano, alcuni arrivano addirittura a lodare la mia tecnica, pur
sottolineando come i temi non siano di loro gradimento, e non c’è nulla di male in questo: ognuno ha i suoi gusti.

Ma anche se non alimento lo scandalo quando esplode sotto le foto dei miei dipinti, una parte di me sempre, silenziosamente, gioisce, e nel tempo mi sto facendo una cartelletta dove ritaglio e ripongo tutti questi commenti oltraggiati, che stranamente tanto mi piacciono, per riguardarli e gioirne nei giorni grigi.

Cosa provi quando crei i quadri?
Sembrerà strano, ma il più delle volte è un misto di noia e frustrazione: noia perché, come accennato prima, a me interessa l’opera finita più che l’atto di dipingere in sé. Diverso da quando ad esempio scrivo: ho cominciato molti romanzi mai finiti, ma mi sono sempre divertito e non è mai stato tempo perso, mentre se non termino un dipinto lo considero un fallimento, dato che è solo l’opera conclusa quella in cui, in questo caso, ripongo
importanza.

Frustrazione perché i colori ad olio portano via un mucchio di tempo, perlomeno a me, e portare avanti la stessa visione per mesi vedendo di volta in volta quanto poco io riesca ad andare avanti è terribile, senza contare quell’odio verso se stessi, comune a tutti gli artisti, di quando un’opera non viene esattamente come te l’aspettavi, e i creativi hanno sempre idee più grandiose di quelle che riescono a produrre: è ciò che li costringe ad andare furiosamente avanti, ed a migliorare.
Tuttavia talvolta ciò che produco è abbastanza decente da piacermi, ed in quei casi ovviamente provo soddisfazione, e tanta! E per fortuna che quelle volte ci sono: se in casa appendessi solo opere di cui sono insoddisfatto finirei con l’essere circondato dalla bruttezza, il contrario di ciò che vorrei!

Cosa ti emoziona?
Mi emozionano le religioni, tutte, e i miti e le leggende.
Mi emozionano le tragedie, i sacrifici e la musica.
Mi emoziona il sesso, il dolore e l’amore.
Mi emozionano i gatti e la lettura.
Mi emoziona il bianco, il rosso e il nero.

Cosa farai prossimamente?
Il 27 dovrei avere un ritorno alle origini, tornando dopo tanto tempo al locale gotico in cui ho esposto per la prima volta, mentre sempre restando in tema di locali, sono in trattativa per portare qualche dipinto al Bire di Udine, luogo di cui riserbo tanti bei ricordi adolescenziali.
Sono in discussione per un evento a Verona ad ottobre e uno a Trieste durante la barcolana, ma non c’è ancora nulla di certo, mentre a Novembre forse ho un evento a Padova.
Giusto ieri infine mi sono risentito per caso con un critico d’arte, nonché vecchio amico dell’Accademia, che mi accennava di una possibile mostra a Venezia durante il carnevale 2026 ed un’altra ai navigli di Milano. Staremo a vedere!

Cosa stai preparando?
Al momento ho quattro dipinti su cui sto lavorando, nonché svariati disegni preparatori per dipinti futuri.
Il più importante dei quattro si intitolerà Wings Lost, di sacro tema, mostrerà due angeli stretti intorno a un terzo, fanciullo quest’ultimo. Le loro espressioni attonite e sgomente, cariche di pietà, nel vedere ciò che questo sta facendo, ma non rivelerò altro per non rovinare la sorpresa. È il dipinto più grande che ho fatto fino ad ora e sono molto soddisfatto di come sta procedendo.
Sto facendo un altro dipinto con degli angeli, più piccolo e più che altro un esercizio di stile, dei putti alla maniera di Bouguereau, ovviamente albini.

Di contrasto sto intanto dipingendo il satiro più eroticamente spinto ad oggi, questo effettivamente potremmo chiamarlo persino pornografico: ma è la natura dei satiri, e classicismo e neoclassicismo a parte, sono sempre stati rappresentati così.
Infine, fuori dai miei soliti schemi, un dipinto diverso dal solito: un regalo per un amico che conosco fin dai tempi dell’asilo. L’anno scorso ero a cena da lui e mi disse che ricordava uno dei primissimi dipinti che avevo fatto ai tempi dell’accademia, di una figura deforme con una maschera antigas sul volto, e che era il suo preferito. Ho promesso che se l’avessi ritrovato gliel’avrei regalato.

Il problema è che l’ho ritrovato: è orribile e mi fa molto vergognare. Pieno dei difetti che un’artista alle prime armi può fare, oltre al fatto che se ricordo bene era scopiazzato da qualche immagine che dovevo aver trovato nell’internet, cosa che non sarebbe neppure troppo grave se almeno l’avessi copiato bene.
Ho deciso allora di rifarne una versione nuova, originale, persino con un messaggio: si intitolerà Mother Nature tries to breathe o qualcosa di simile, e mostrerà Madre Natura in abiti vecchi e logori scoprirsi il petto anziano ed emaciato, piegata in una dolorante posizione innaturale, tentando disperatamente di respirare da una maschera attaccata a dei fiori avviluppati da spine, tutto intorno rivoli oliosi neri sulla tela. Una critica all’inquinamento
incontrollato che sta ammazzando il nostro pianeta.

Cosa fai nel tempo libero?
Dipingo.
Talvolta provo a convincermi a uscire di casa, rinuncio, torno a dipingere.

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Morire giovane: è tipico di un’artista e lo avrei indossato bene. Purtroppo ho già 35 anni, quindi resterà un sogno.
In alternativa, dovendo accontentarmi di qualcosa di più probabile ma altrettanto banale, diventare disgustosamente ricco e regalare qualche milione di euro ai miei amici sarebbe qualcosa di carino.
Mi reputerò comunque soddisfatto già se riuscirò a vendere un dipinto al Rifugio degli Artisti di Ferrara, o se mai verrò esposto al Museo dell’Arte Erotica di Parigi.
Anche vedere dipingere dal vivo Michael Hussar, o Roberto Ferri, e studiare la loro tecnica, sarebbe qualcosa di niente male.

A chi senti di dire grazie?
Sicuramente alla mia gatta Mercoledì, che col suo fare altezzoso e disinteressato mi aiuta a non montarmi la testa, e al mio micio Cencio, che mi fa sentire amato.
Ai miei genitori che mi hanno supportato e pagato ai tempi l’Accademia, e al mio professore di atelier Lecic, nonché a tutti gli studenti più bravi di me: guardandoli ho imparato molto.
Ringrazio la mia compianta nonna: con gli interessi occulti e neri che ho, se non avessi avuto in famiglia una credente così meravigliosa e aperta al confronto e al diverso, forse sarei cresciuto con una visione del sacro più dura e giudicante. Nel mio ateismo, mi ha insegnato che c’è chi davvero ascolta le parole del Cristo, aforismi semplici come “non fare al prossimo tuo ciò che non vorresti fosse fatto a te”, che ci sono credenti che portano
l’altruismo e l’amore nel cuore.

Ringrazio mio nonno, il migliore che avessi potuto desiderare, cuoco di un ragù formidabile, ex marinaio, che nei suoi ultimi giorni mi ha dato la possibilità di dipingere per lui la nave su cui ha prestato servizio negli anni di cui era così orgoglioso. Insieme alla nonna, mi hanno anche insegnato cos’è l’amore.
Ringrazio EleNoir, da cui ho iniziato a esporre, e Pia Molina, che mi ha portato in giro a decine di esposizioni e continua a farlo ogni giorno.

Ringrazio la persona che sei anni fa ha spezzato il mio cuore: se non l’avesse fatto non mi sarei dedicato così a fondo alla pittura. E dopotutto un artista senza cuore spezzato non merita neppure una mezza parola nel più scalcinato dei libri di storia.
Infine devo sicuramente ringraziare tutti quegli amici veri e anime buone che ho incontrato nel periglioso cammino della vita, siete stati rari come rubini e ancora più preziosi, siete voi che date colore al mio cuore.

Una frase che senti tua?
Non ho frasi o motti per cui vivo, perciò risponderò semplicemente con una che mi piace: “In girum imus nocte, ecce, et consumimur igni”. È un palindromo, ovvero una frase che può essere letta allo stesso modo sia da sinistra che da destra.
Questo tipo di parole o frasi hanno un significato profondo e potente in una certa corrente mistica, la stessa di cui faceva parte Aleister Crowley, che infatti suggeriva di leggere i libri al contrario per acuire una certa affinità magica.
Questa frase in particolare, tramandata anche in una versione contratta (senza “ecce” al centro), significa “Andiamo in giro di notte ed ecco che veniamo consumati dal fuoco”, erroneamente attribuita a dei demoni, in realtà descrive le falene.

Tornando sul sacro, “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” è l’aforisma di Cristo alla base di tutta la morale occidentale, eppure è una frase a cui, credo, molta gente non presta abbastanza attenzione.

Dove possiamo seguirti

i miei profili sono i seguenti

Ho solo questi! Grazie!

https://www.instagram.com/jimmy__richter

https://www.facebook.com/jimmy.richter.12

https://www.facebook.com/jimmy.richter.908

la foto di copertina è del fotografo gothicnarcissus (nome d’arte)

alessandra
Alessandra Bagini
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Un commento

  • Che Bellissima Intervista JIMMY 🥰!!! Un vero Artista, di nome & di fatto, Simpatico. Eclettico & Carino – anche Handsome, Bello!!!-. Una Parlantina Fluente e Duttile ed un modo Garbato e Gentile di presentarti… Già mi piacevi come Persona ed ora anche come Personaggio… Buona Strada, credo ne farai molta, e comunque sia è il mio Augurio più Grande & Sincero ❤️‼️❤️LoveLucy🌹

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